Timor di Dio
Perché lo
Spirito Santo, se viene, ci fa questo dono?
Esistono paure
e paure. C’è la paura di perdere cose mondane, la paura di cose che ci possono
succedere, …
Qualsiasi
psicologo ci dirà che un uomo senza paura è uno squilibrato. La paura è una
cosa sana. È un senso della realtà.
Però noi
possiamo avere un timore mondano (S. Tommaso) oppure un timore servile (che può
essere anche un timore per le cose di Dio, ma che viene dall’apprensione per la
nostra incolumità, la paura di chi ci sta davanti: Dio): non è questo il timor
di Dio.
Il timor di
Dio non è la paura di Dio, per cui abbiamo terrore delle sue punizioni.
Esiste un
altro tipo di timore, che ha sì il senso della Maestà di Dio, ma che ci apre a
qualcos’altro.
Il Timor di
Dio viene definito un timore filiale.
Un rabbino ha
definito il timor di Dio il terrore
di cadere nel baratro del nostro egoismo.
Il timor di
Dio è il dono del senso del nostro vero pericolo: il pericolo di fare cose
brutte, il pericolo di far soffrire il prossimo, il pericolo di chiuderci nel
bunker della nostra solitudine.
È un senso del
nostro rischio reale.
Ci sono rischi
di cui non dobbiamo aver paura (es. il rischio che gli altri pensino male di
noi. Ma chi se ne importa? Non è da questo che dipende la nostra vita).
Il rischio di aver fatto
male al prossimo. Questo è un rischio vero.
Il rischio di rovinare le cose
belle della nostra vita.
il proprio
matrimonio,
la propria
vocazione,
di sperperare
le cose sante di Dio,
di andare fuori mira, di trovarsi alla fine
della vita che non hai fatto niente di
importante,
di aver sciupato le occasioni di bene / di
nobiltà / di non
esserci aperti alle cose più belle
della nostra vita,
il rischio di passare su questa terra e non aver
fatto niente di ciò che dovevamo veramente fare,
di sperperare
una giornata, di non usarla bene.
È possibile
che una persona vada fuori mira nella vita? Si sprechi? Si rovini? Si frammenti
in una serie di cose piccole e inconsistenti?
? È possibile
che un sacerdote perda il proprio smalto, la propria bellezza? Il proprio senso
del sacro?
Certo che è
possibile. È una cosa di cui dobbiamo aver paura. Perché la vita non è un film
americano degli anni ’50, che alla fine “arrivano i nostri” sempre.
Tante volte
nella vita le cose non si raddrizzano, e bisogna averne paura.
Bisogna avere
il senso del nostro rischio.
San Filippo
Neri temeva che Dio potesse lasciarlo a se stesso. Diceva a Dio: “Non lasciare
Filippo. Non ti fidare di Filippo”.
Non dobbiamo
pensare in maniera superficiale a noi stessi.
Il Santo Timor
di Dio ci da il senso della gravità delle cose, del loro spessore, della loro
consistenza.
È un dono che
ci dà senso di Dio, ci da orrore del peccato, ci da distacco dalle cose
piccole, ci da vigilanza sulle cose serie.
È curiosamente
opposto al vizio della gola.
Il vizio della
gola è questo essere sempre appagati. Questo mangiare, che non è solamente
l’atto del mangiare fisico, è questo darsi sempre cose appaganti, vivere di
compensazioni, quindi essere sempre soddisfatti. Così ci si intontisce, così ci
si rimbambisce e si diventa incapaci di capire i propri rischi.
Come dice il
Vangelo: “Mangiavano, bevevano”. Si appagavano, “prendevano moglie”, non si
rendevano conto dei loro rischi.
Noi abbiamo
bisogno di sobrietà. Abbiamo bisogno di ricordare che ci possiamo fare del
male, che possiamo sprecare quel tanto di buono che ci è stato dato da Dio .. e
che possiamo non fare un bene che Dio ci aveva offerto di fare.
Lo Spirito
Santo per prima cosa ti da il senso delle cose / il senso dei tuoi pericoli /
ti da il senso del tuo possibile spreco.
Lo Spirito
Santo da profondità allo sguardo sulla vita. Mi rendo conto che le persone
possono soffrire per causa mia, che io posso sciupare le cose, le persone, le
occasioni.
Lo Spirito
Santo, attraverso il Santo Timor di Dio, ci insegna la fragilità delle cose, la
loro importanza, la loro occasionalità santa / ci insegna a vivere attenti,
svegli.
Il Santo Timor
di Dio ci serve enormemente, perché senò noi viviamo tranquillamente con l’idea
che tanto tutto si risolve. Non è mica vero che tutto si risolve. Non è vero
che le cose sempre si recuperano, uno le può rovinare, le può irrimediabilmente
spezzare, perdere.
Lo Spirito
Santo ci insegna in primo luogo il senso della realtà e dei nostri pericoli.
La pietà
Viene comunemente
intesa come un sentimento di compassione verso il prossimo, a volte con una
connotazione negativa.
La pietà viene
definito un abito infuso (cioè un dono di Dio) che eccita un affetto filiale
verso Dio, da cui deriva affetto verso gli uomini.
La pietà
popolare si esprime nel culto / si esprime nei voti che le persone compiono /
nelle cose belle che la pietà popolare costruisce.
Ci sono tante
cose che sono attestazioni della gratitudine di uomini e donne.
Cioè si tratta
di una tenerezza, di una allegria.
La pietà è
assolutamente necessaria per la vita santa cristiana. È tenerezza nei confronti
di Dio. Implica una capacità affettiva.
È un dono
infuso, un abito, cioè l’abitudine a pensare con tenerezza, con dolcezza a Dio.
Da cosa
viene? Come lo Spirito Santo suscita in noi questa gioia, questa allegria,
questa apertura, questo pensare Dio con bellezza, con sorriso, con gratitudine?
Viene dalla
memoria dei doni ricevuti.
Implica un
mettersi di fronte alla vita con uno sguardo che sa riconoscere l’azione
benevola di Dio in essa.
Noi siamo
debitori a Dio di tanto. Dio ci regala tanto.
Ognuno di noi
deve fare un viaggio per risvegliare in sé il dono della Pietà.
Quante cose
belle sperimentate nella vita!
Quante
sorprese. Quanti doni inaspettati. Quanti doni attesi.
Quanti doni
naturali (la vita, le amicizie, il dono di una famiglia, il dono di tanti
beni materiali e umani) e doni soprannaturali (quanti doni di grazia,
chi ci ha annunciato il Vangelo, chi ci ha curato nella fede, chi ci ha fatto
sperimentare la bellezza della vita cristiana).
Quante cose
belle sperimentate! Quanta memoria ci vuole.
Noi siamo
smemorati, che dimenticano il bene ricevuto.
Se uno si
mette di fronte alla vita e si chiede:
“Ma Dio mi ha trattato secondo quello che
mi merito o mi ha trattato secondo la sua generosità?”.
Se Dio ci
trattasse come ci meritiamo …!
Dio non è
pedante, non è noioso, che si mette lì a sottolineare i nostri errori: “Non
continua a contestare”, “lento all’ira”, “ma ricco di grazia”.
La pietà ci è
assolutamente necessaria, per ricordare il nostro rapporto con Dio. Noi siamo
bimbi che ricevono tanto da un papà generosissimo.
Lo Spirito
Santo ci parla di Dio, ci parla di Gesù Cristo.
Noi siamo
stati generati da un salvatore meraviglioso, generoso, abbondante, che dà lo
Spirito senza misura. Dio fa le cose più importanti senza misura.
Qui siamo alla
natura propria dello Spirito Santo, che è DONO. Infatti la
formula del conferimento della Cresima è “Ricevi il dono dello Spirito Santo.
Lo Spirito
Santo è dono. Uno dono è un dono. Si riceve, non si merita. Un dono non si è
mai all’altezza di riceverlo.
Un dono è una
cosa che si può rifiutare. Lo Spirito Santo può essere contristato, può essere
rifiutato.
Nei simboli lo
vediamo come colomba, come ebrezza. Ha simboli che ne esprimono la gentilezza.
Diventa anche Fuoco, Potenza, ma si avvicina a noi come si avvicina una
colomba, come si avvicina un animale timido come la colomba. Da non confondere
coi piccioni, che sono più aggressivi.
La pietà parla
del dono. Parla dell’aver ricevuto almeno la vita. E la vita non ce la
meritiamo mai. La vita è una cosa che ci sovrasta. E questa è sempre più grande
anche della sua concretizzazione.
Dio ci ha dato
l’essere.
Considerare i
doni ricevuti risveglia in noi il dono, ricevuto nella cresima, della pietà.
E la pietà ha
un frutto: la tenerezza verso Dio diventa tenerezza verso il prossimo.
Il considerare
tutti i doni ci apre al dono dei doni, che è il per-dono.
Essere stati
perdonati ci porta a perdonare.
Essere stati
oggetto della pazienza di Dio ci porta a esercitare pazienza verso il prossimo.
Lo Spirito
Santo si rivela nella tenerezza verso il prossimo.
La pietà si
manifesta in noi, nel fatto che siamo davanti agli altri con dolcezza, con
pazienza, senza aggressività.
Non credo che
una persona abbia lo Spirito Santo quando è feroce e quando chiede vendetta.
Lo Spirito
Santo è incompatibile con l’essere esigenti verso il prossimo, e con la
richiesta del risarcimento dei danni, feroce e non sana, non equilibrata.
Chi ha lo
Spirito Santo, chi ha la pietà perdona.
Chi non
perdona non ha la pietà.
Come farà a
perdonare? Molta gente dice: “Come faccio a perdonare? Non ci riesco”.
Fai memoria
di quello che Dio ha fatto con te. Fai memoria dei doni ricevuti, e allora dai
doni arriverai al perdono.
La pietà insegna la
misericordia
Chiedete lo
Spirito Santo.
Quando si
chiede lo Spirito Santo, si chiede il dono della paura, il dono di avere il
senso del proprio rischio, si chiede di avere occhi per vedere i problemi che
io posso creare, perché io possa vedere cosa io posso fare di male ed evitarlo.
Si chiede di
avere una buona memoria.
Si chiede di
saper stare davanti a Dio non come creditori, ma come debitori. E di avere
misericordia nel cuore.
Il dono della
pietà è il dono della tenerezza. Guardare a Dio con sguardo grato.
I doni della
santa paura e il dono della gratitudine si chiamano timor di Dio e pietà.
Chiedete lo
Spirito Santo.
È Gesù stesso che ci invita a
chiederlo:
“Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi
bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli
darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?
O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete
cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro
celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono?” (Lc 11, 9-13).
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