Arriviamo a questo frutto dopo amore, gioia e pace. Stiamo facendo il
cammino a ritroso in un crescendo. Abbiamo parlato del dominio di sé, ma la
pazienza ha qualcosa un po’ più grande.
La parola pazienza è collegata alla parola patire, soffrire.
Il testo greco usa il termine makroqumi,a:
makro = grosso
qumi,a è collegata al termine qumo,j: l’animo, la parte
interiore dell’uomo, la sorgente del proprio essere. Non in un senso troppo
spirituale, ma in un senso esistenziale elementare, cioè io ho un animo. Noi
dicendo anima diciamo qualcosa di molto più spirituale, se diciamo animo
diciamo qualcosa di molto più elementare.
Mal-animo o magn-animo (makroqumi,a): ecco cosa esattamente vuol dire la nostra
parola.
Questa è la prima caratteristica
dell’amore nel celeberrimo inno alla carità di San Paolo (1Cor 13).
La pazienza è dunque correlata alla
magnanimità.
Cosa vuol dire essere magnanimi?
Cosa vuol dire avere un animo
grande?
I sinonimi di magnanimità sono
longanimità (lunghezza d’animo) mansuetudine, calma, pazienza, tolleranza,
generosità, nobiltà.
Vediamo un momento questi aggettivi.
Quando abbiamo una verifica di queste caratteristiche?
Vediamo il contrario:
aggressivo, frettoloso, impaziente, intollerante, avaro, vile.
Che cosa abbiamo da trattare in
questo momento?
Abbiamo delle qualità che sono di
ordine stativo / interiore / personale. Per es. uno è nella gioia / pacifico /
triste..: parliamo di qualcosa che riguarda la persona in se stessa. Quando invece
diciamo mansueto, paziente, calmo, tollerante stiamo parlando di qualcosa che è
nella relazione, in relazione all’altro. Non abbiamo nessun tollerante se non
c’è qualcosa da tollerare, non abbiamo nessun generoso se … qualcuno / qualcosa
oggetto di tale generosità, non abbiamo nobiltà se non nella manifestazione
esterna rispetto a qualcuno. Cioè c’è un riscontro rispetto a qualcun altro.
Cioè abbiamo a che fare con un frutto
dello Spirito, che è la grandezza della propria anima, la capacità di fare che
cosa? La magnanimità è la capacità di dare all’altro il tempo, di dare
all’altro spazio, di dare all’altro possibilità.
Vediamo la mansuetudine quando
vediamo qualcuno che non reagisce alla violenza, vediamo la calma quando
vediamo che ci sarebbe da avere ansia/fretta, vediamo la tolleranza di fronte a
qualcosa di discutibile nell’altro.
La magnanimità è una qualità
interiore che non si verifica in una situazione di autoverifica, ma è una capacità
di avere pazienza di fronte agli errori altrui, è l’atto per cui una
persona da al prossimo la possibilità di riprendersi, di pentirsi,
di ravvedersi, di tornare in se stesso, di calmarsi.
Dove si può prendere la forza per
dare all’altro il diritto di sbagliare?
Come al solito dobbiamo andare a Dio.
Cristo dice: “lo Spirito Santo vi annuncerà ciò che è mio”. Che cos’è di
Cristo? Che cos’è di Dio? Nell’AT è interessante notare che la magnanimità è
una delle qualità di Dio che Dio si riconosce da se stesso: in Es 34 Dio
proclama il suo nome e si proclama lento all’ira. Questo è il termine
che poi viene tradotto in greco con makroqumi,a (magnanimità). Dio ha un’ira lenta, ha un’ira
pigra; l’ira non gli parte facilmente. 2Pt: “Dio non ritarda ad
adempiere la sua promessa come certuni credono, ma usa pazienza verso di voi
non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”.
Dio è colui che “non ci tratta
secondo i nostri peccati, ma è lento all’ira, ricco di misericordia e di
grazia”.
Perché Dio ci da tempo di
pentirci?
Perché vuole darci a tutti la
possibilità di ravvederci?
Perché davanti a noi è paziente?
Perché lui tempo ne ha tanto!
Perché per lui il tempo è una
creatura.
Perché lui non guarda il tempo come un assoluto. Lui guarda a noi.
Perché noi non abbiamo pazienza col nostro prossimo?
Perché per noi il tempo finisce.
Non possiamo dare tanto tempo perché no ne abbiamo.
Perchè se anche io accetto che tu possa in futuro ravvederti, io non ho
tutto questo futuro da gestire.
Perché io non credo nell’eternità. Non sono dalla parte di Dio. Inizio
ad essere schiavo del tempo. Ho un animo piccolo, schiacciato dalle mie ansie.
Io devo farti cambiare subito. E allora le persone sono impazienti, premono,
spingono, opprimono gli altri quando sono deboli, fragili.
Perché se ti do il mio tempo io non ho altro in cambio. È interessante
che nel libro dell’Ap colui che ha ansia, colui che è l’infuriato, l’impaziente
è il maligno (perché non ha tempo): “è pieno di furore sapendo che gli resta
poco tempo”: è la definizione che abbiamo in Ap 12.
La pazienza di Dio è la sua eternità, è il fatto che per lui non conta
quando le fai le cose e il fatto che ti debba dare un’altra opportunità, perché
quello che gli interressa sei tu. Quello che gli sta a cuore è l’uomo, è la sua
salvezza.
Tante volte le nostre valutazioni sono discutibili o completamente
sbagliate per il fatto che siamo condizionati da questa creatura di Dio che è
il tempo, a cui diamo troppa importanza.
Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come iol
giorno di ieri che è passato.
Dio è magnanimo perché Dio ha una relazione non ansiosa con ognuno di
noi, ma nella completa verità.
Il tempo è una creatura di Dio, noi invece viviamo nel tempo. Per
poter essere magnanimi dobbiamo prescindere da questo?
Per poter dare il tempo agli altri bisogna finalmente possederlo. Per
dare abbondanza agli altri bisogna avere abbondanza dentro di se.
Vediamo come questa makroqumi,a possa diventare una nostra qualità? Come possiamo
riceverla?
Il passaggio tutto sommato è
abbastanza semplice. L’unica possibilità che abbiamo di poter esercitare questa
magnanimità verso gli altri è proprio nella logica dei frutti dello Spirito: si
tratta di capitalizzare quella che noi riceviamo, si tratta di mettere dentro
di noi, di appropriarci della misericordia e pazienza che Dio usa nei nostri
confronti.
Noi siamo pazienti col prossimo
quando abbiamo ben presente tutto quello che Dio ci ha perdonato, tutta la
pazienza che Dio esercita verso di noi.
Dovremmo sempre aver chiaro che Dio
non ci sta trattando secondo i nostri peccati / secondo quello che meritiamo.
Molta gente si lamenta, dalla mattina
alla sera passa il conto, fa rimostranze e non si ricorda, non pensa al fatto
che Dio non ci sta trattando secondo quanto ci meritiamo.
Se questo mondo fosse retto dalla
giustizia, se questo mondo fosse in mano a un Dio che vuole fare i conti con
noi e che a un certo punto smette di darci altre possibilità nessuno di noi si
salverebbe.
Dio non ci tratta secondo i nostri
peccati. Agli altri possiamo apparire buonini, carini, credibili, commestibili,
ma Dio conosce da quale razza di scaturigini vengono i nostri atti o le nostre
omissioni / che razza di cuore sporco possiamo avere / quale quantità di cose
Lui aggiusta. Quante cose copre e non svela. Nessun uomo in questo mondo si è
mai visto svergognato fino infondo, neanche le persone che sono state esecrate
nella storia. Dio è nostro Padre: un padre un figlio lo protegge.
Noi crediamo che Dio sia lontano da
noi, ma c’è un’assenza di iniziativa di Dio nei nostri confronti che grida la
sua pazienza, è un Dio che ci guarda con un occhio benevolo molto al di là
della nostra apparenza e di quello che noi vendiamo, del fumo che commerciamo
gli uni con gli altri.
C’è da capitalizzare questa pazienza
di Dio / il fatto che non possiamo passare il conto agli altri, perché se Dio
passasse il conto a me io non mi potrei salvare.
E mi conviene ricordare quella parola
terribile del Vangelo che dice che con la misura con cui noi misuriamo sarà
misurato a noi in cambio. Bisogna stare un po’ attenti a dire: Basta non ti do
più una possibilità, perché un giorno servirà sicuramente anche a me di avere
un’altra possibilità.
Qui c’è un assegno in bianco che Dio
firma a tutti noi e che chiede a tutti noi di guardarci dalla tentazione di chiudere
i conti, di pretendere che le cose ci tornino.
La makroqumi,a dell’uomo deriva
dalla makroqumi,a di Dio. non è una bontà dell’uomo, non è una
capacità, un’attitudine, ma è una memoria, è un atto di coscienza costante per
cui uno come San Paolo, che di natura era un iroso / un ribollente / un
violento come lui stesso diceva, diventa magnanimo, diventa paziente, da
un’altra possibilità perché vive in questa seconda possibilità. Noi tutti
viviamo in questa seconda possibilità che Dio ci ha dato, seconda, terza,
millesima.
La Chiesa vive di misericordia, si
regge sulla misericordia. Ma il mondo intero si regge sulla misericordia, su
questa scandalosa capacità di Dio che ha mostrato nel suo Figlio sulla croce di
perdonarci mentre lo ammazziamo, di dire: “Padre perdonali perché non sanno
quello che fanno”. E veramente noi tante volte non sappiamo quello che
facciamo. E ci scriviamo da noi stessi certificati di buona condotta per
sopravvivere alla nostra coscienza. E non ci rendiamo conto che invece dovremmo
stare davanti a Dio come siamo, cioè da debitori (come il Padre nostro ci
insegna), non da creditori, come tanti brontoloni su questa terra, in cui ci
prendiamo il ruolo di creditori.
Ma nei confronti della vita nessuno
di noi è creditore, siamo debitori con la vita, con Dio.
Da questa memoria nasce la dolcezza
con il prossimo, il guardare con un altro sguardo.
Qual è l’attitudine del magnanimo?
Sapere che c’è Dio / che Dio
opera.
E l’errore, la menzogna non è per condannare, ma per sapere che prima o
poi la verità ti verrà addosso, che i nodi vengono al pettine, che non la
passerai liscia davanti alla tua coscienza. Sapendo che facendo il male
soffrirai (certo, oltre che far soffrire). Dio è il giudice, lasciamo a lui
questo ruolo, perché noi saremmo dei giudici massacranti o assolutamente
inconsistenti.
C’è Dio che ci da la possibilità di vivere con un senso del tempo che è
un senso ampio, non ansioso, che è sapiente: Dio sa dove portarmi, Dio sa
quello che sta facendo / sa anche come correggere le cose e le persone: i fatti
tante volte sono correzioni molto serie. Dio sa come raddrizzare la nostra
anima. Questo naturalmente non ci toglie il dovere di correggerci gli uni gli
altri. Questo non ci toglie la necessità e il dovere di esercitare uno zelo, ma
chi esercita questo zelo, la correzione, chi porta avanti il gridare la verità,
il dire la verità davanti agli altri deve farlo con un animo inondato di pace,
mentre c’è chi lo fa solamente per rabbia, per farsi tornare i conti. Questa
seconda non è makroqumi,a,non
è magnanimità.
Il magnanimo non è dunque l’indifferente, il magnanimo sa dire la
verità, ma lo fa inondato di pace.
È una questione di efficacia: quando io debbo dire qualcosa a qualcuno
per chè è mio dovere essere sentinella dell’altro (e che l’altro sia sentinella
nei miei confronti).
Se il mio animo non è magnanimo, ma è pusillanime io mi sono attaccato a
qualcosa e mi sono arrabbiato e sto facendo giustizia, l’altro lo sente e non
c’è alcun effetto positivo, l’altro sente solamente l’aggressione, l’argomento
diventa zero e c’è solamente la rivalità e l’aggressione.
È natura di un rimprovero efficace quello di essere magnanimo. Cioè
questa attitudine non è che dice di non correggere il prossimo, è proprio
l’unica attitudine che ci fa correggere bene il prossimo.
Quando mi avvicino ad una persona e la correggo con il senso della
misericordia, con tutto il senso della serietà e della cura dell’altro, l’altro
mi ascolta.
C’è una musica nelle nostre parole, che è la musica dell’amore per lui,
che l’altro percepisce sempre. È il linguaggio della Pentecoste e l’altro lo
percepisce.
Ho potuto apprezzare chi mi ha corretto per amore / per magnanimità.
Magari non subito l’ho capito, qualche volta è stato difficile, ma la
correzione che nasce dall’amore fa sempre un gran bene in chi la riceve.
La magnanimità non è quella che porta a non dire niente, al contrario
porta proprio a dire, perché l’altro è il mio fratello, è prezioso, non lo
posso perdere.
Che possiamo essere gli uni per gli altri sentinelle amorevoli.
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