Nel sacramento
della Confermazione, c’è prima del
conferimento del sacramento vero e proprio, la rinnovazione delle promesse
battesimali, che constano della rinuncia al maligno e della professione di
fede.
Ci
concentriamo su questa seconda parte.
Prima di
ricevere il sacramento della Confermazione, il candidato deve rispondere alla
triplice domanda sulla professione di fede:
·
Credi in Dio Padre Onnipotente Creatore del
cielo e della terra?
o
Credo.
·
Credi in Gesù Cristo suo Unico Figlio che nacque
da Maria Vergine, morì e fu sepolto, risuscitò dai morti e siede alla destra
del Padre?
o
Credo.
·
Credi nello Spirito Santo che è Signore e dà la
vita, e che oggi per mezzo del sacramento della Confermazione è in modo
speciale a te (voi) conferito come già agli Apostoli nel giorno di Pentecoste?
o
Credo.
·
Credi nella Santa Chiesa Cattolica, la comunione
dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita
eterna?
o
Credo.
Si nota che
differentemente dalle altre professioni di fede che vengono fatte, ad es. nella
notte di Pasqua o in altri momenti, le domande sono quattro. Perché appunto c’è
un ampliamento nella terza domanda, che sottolinea particolarmente il dono
dello Spirito Santo.
Bisogna
professare la fede, e in particolare la fede nello Spirito Santo, prima di
riceverne il dono.
Anzitutto
dobbiamo considerare che la fede va professata prima. Cioè, il sacramento della
Confermazione alimenta sì la fede, ma deve trovare già la fede, professata,
esercitata.
Infatti viene,
dalla Chiesa latina, separata dal battesimo, per poter vivere questa
professione di fede ben sottolineata.
Pastoralmente
parlando molto spesso si è usato del sacramento della Confermazione per aiutare
i giovani o gli adulti che ricevono questo sacramento a professare
consapevolmente la fede.
Dobbiamo
dunque capire cos’è questo atto: la professione di fede.
E innanzitutto che cos’è la
fede.
Partiamo da
alcuni i malintesi sulla fede. Quelli più diffusi. Perché sulla fede noi
abbiamo delle idee piuttosto generiche, imprecise, talvolta confuse.
Per es.
crediamo che la fede sia un sentimento. Che derivi per es. dalla realtà
intorno a noi, la bellezza della natura, le meraviglie che per mezzo della
scienza rinveniamo in ciò che esiste. O quell’esperienza di piccolezza, di
limitatezza, che ci fa aprire a qualcosa di più grande.
Oppure l’esperienza dello
straordinario, come può essere un miracolo.
Pensiamo della
fede che sia una prerogativa del carattere, un’inclinazione collegata a un
certo tipo di personalità, per cui uno è più introspettivo, più portato
all’idea del mistero.
Questi e tanti
altri, sono sì elementi che possiamo rinvenire all’interno della fede e
dell’esperienza dell’uomo di fede, ma si differenziano molto dalla fede
professata dai cristiani.
Il senso
religioso presente nell’uomo è una buona cosa, ma la fede è qualcosa di più
maturo e completo.
La fede è un
dono che si riceve.
Dobbiamo un
pochino vedere cosa la fede non è, per capire cosa la fede è.
Sentimento
La fede può
essere scambiata con un sentimento. Non è che non lo sia, ma non è
principalmente un sentimento, una sensazione.
I sentimenti e
le sensazioni sono labili, fugaci. Le sensazioni sono occasionali, sono legate
al corpo, vanno e vengono.
In questo caso
la fede, se fosse soltanto un sentimento, dovrebbe essere esercitata solamente
quando si ha questo senso di piacevolezza, questa mozione interiore, che tante
volte, nel momento in cui si deve professare la fede, non si ha proprio.
E se bisogna
professare la fede in una situazione di sgradevolezza? Quando si è nella
scomodità e non nella piacevolezza o nella sensazione?
La fede può
essere esercitata anche e molto efficacemente in situazioni di aridità, di
stanchezza interiore, in cui non si sente nulla, in cui addirittura
paradossalmente si potrebbe avvertire un’avversione interiore o ci si potrebbe
sentire lontani da Dio e separati da Lui.
Possiamo
essere chiamati a professare la fede anche quando la nostra corporeità e la
nostra psiche non sono appagate.
La
natura
Il sentimento
religioso o l’animo addolcito può nascere anche per es. dal vedere la bellezza
della natura, i prati in fiore, sentire il profumo della terra, essere avvinti
dalla maestosità delle montagne, incantarsi davanti a un tramonto bellissimo.
Per cui sto
tanto bene. Questo è benessere, non è la fede.
Questo è un
sentimento estetico, ma non è la fede.
È una cosa
molto bella. Può aiutare. Può essere un punto di partenza, per aprire l’animo,
l’intelletto, il cuore alla contemplazione di Dio nelle sue cose.
Ma non è
questo che fonderà un atto di fede, un atto di fiducia in Dio, un atto di
fedeltà da parte nostra.
Razionalità
La fede non è
un atto semplicemente razionale.
Premettendo
che la fede è sicuramente un sentimento, premettiamo che la fede è anche
ragione, deduzione, assenso dell’intelletto il quale riconosce la plausibilità
della fede. Non c’è nessun contrasto tra fede e ragione.
Però la fede
supera la ragione. Io posso essere chiamato a credere quando la mia ragione non
mi sta aiutando, quando la mia ragione rifiuta i fatti, perché c’è un margine a
volte non piccolo di irrazionalità nel reale o nel fatto di entrare liberamente
in determinate cose.
Certe cose
della realtà in cui mi trovo non sono sempre così facili da capire subito,
forse assurde talvolta.
Ma ciò che non
capisco non è per ciò stesso sbagliato. Se la fede coincidesse con ciò che io
capisco, allora sarebbe molto piccola.
E oltretutto
la fede mi serve per andare oltre la ragione.
Per vivere un
rapporto di fedeltà matrimoniale fino in fondo, per vivere un rapporto di
fedeltà a Cristo, per vivere un rapporto di fedeltà fraterna, molte volte la
ragione bisogna saperla superare con la fede, che è una cosa un po’ più grande.
I
contenuti
Noi crediamo
che la fede sia una serie di contenuti, per es. i dogmi: verità a cui dobbiamo
credere.
Per cui anche
la professione di fede potrebbe essere vissuto un po’ a macchinetta: “Credi in
Dio Padre Onnipotente Creatore del cielo e della terra? Credo. Credi in Gesù
Cristo suo Unico Figlio … Credo”.
Credo. Credo.
Tanto che male mi fa? Non mi aggiunge e non mi toglie niente. Ci credo. Non è
dannoso.
Credere in
delle verità rivelate è una delle conseguenze della vita di fede. Certamente
appartiene alla fede un contenuto oggettivo, che deve essere preciso, che non
può essere ambiguo, ma che è un punto d’arrivo dell’atto di fede, è una
conseguenza della fede.
Il
Miracolo
La fede non
è un sentimento, la fede non è semplicemente ragione e si ovvia talvolta
all’elemento di oscurità della fede, pensando che la fede sia vivere
qualcosa di straordinario. Viver qualcosa di luminoso, di inaspettato:
Il miracolo.
Gesù nei
Vangeli chiede la fede prima di fare i miracoli. Perché la fede deve dare il
giusto senso ai miracoli, che sono eventi (i miracoli quanto i non
miracoli [l’ordinario]) che servono a crescere nella fede e ad arrivare alla
fede vera e propria.
I miracoli
sono un aspetto collaterale. Un miracolo, un evento straordinario può essere
anche qualcosa di discutibile, perché per es. delimitato nell’intervento in
favore di pochi o di uno solo, per cui io credo in quanto Dio cambia la mia
situazione (o dei miei cari) , la aggiusta, la migliora.
Credere può
significare sperimentare un miracolo, ma forse ancora di più vorrà significare fidarsi
di Dio quando le cose restano come sono. Perché Gesù ha fatto tanti
miracoli, ma non ha salvato il mondo con un miracolo, lui non è sceso dalla
croce. Gli hanno chiesto di fare un miracolo: “Scendi dalla croce. Noi
crederemo in te”. Questa è la fede nei miracoli. Cambiami la situazione e
allora crederò.
Ma se ci fosse
da credere in Dio, da fidarsi di Lui esattamente nella situazione in cui
stiamo.
Altrimenti
dobbiamo dire che solamente a quei pochi fortunati a cui succede un miracolo è
riservata una fede vera. Invece tutti gli altri non possono avere fede.
Invece si può
credere profondamente in Dio senza aver mai visto un miracolo. Invito a non
disdegnare la fede nei miracoli, che la Chiesa professa, ma la cosa più urgente
non è avere un miracolo, ma la capacità di vivere nel reale.
La fede non
è un sentimento, non è un ragionamento, non è un’esperienza straordinaria.
La fede deve
essere alla portata di chi forse non prova sentimenti così forti e forse con la
ragione ha i suoi limiti, e forse non ha sperimentato nessun miracolo.
La fede deve
essere possibile a tutti. Senò non è un dono donato all’uomo, ma solamente ad
alcuni.
Caratteristica
personale
Non può essere
una caratteristica personale. Io sono predisposto a credere. Io ho ricevuto la
fede e tu non l’hai ricevuta. Non è che uno ha il gene della fede e uno no.
La fede può
darsi a qualunque uomo e a qualunque donna della terra.
Cos’è
la fede?
La fede è
una virtù teologale.
Virtù
Da una parte è
una virtù, quindi un esercizio, un atto che deve essere compiuto e ripetuto
dall’uomo.
La virtù si ha
dalla ripetizione di un atto, per cui l’abitudine di un atto. Avere una virtù
vuoldire essere inclini a fare qualcosa.
Teologale
È una virtù,
però è teologale. Teologale vuoldire che viene da Dio.
E allora la
fede è un dono (perché è teologale) che deve essere accolto ed esercitato
(virtù).
Non mi posso
dare la fede da solo, ma posso esercitare il dono della fede ricevuta.
Posso dunque
chiedermi come ricevere il dono della fede. E quindi come esercitare la fede.
La fede è un
dono che non è precluso a nessuno. In quanto dono vale per la forza del
donatore, non per la qualità del ricevente.
È un dono, un
regalo. Se dovessimo meritarcelo a priori non sarebbe un dono.
Il nostro
merito è dopo. Dopo aver ricevuto la fede. Come esercitare e non sperperare
questo talento che ci viene elargito.
Dove si riceve questo dono?
Nella Chiesa.
La Chiesa ha
questo compito. E guai a lei se non esercita questo compito: donare la fede.
Se andiamo a
vedere come un adulto può diventare cristiano, l’adulto che deve diventare
cristiano deve intraprendere il percorso dei candidati adulti al battesimo, che
si chiamano catecumeni: coloro che devono katà akùo (ascoltare la predicazione), coloro che devono ricevere
il Vangelo.
Nell’Ordo dell’Iniziazione cristiana degli
adulti il primo rito che segue all’evangelizzazione, e che si fa alla porta
della chiesa consiste nella domanda: Cosa vuoi dalla Chiesa? E il candidato
risponde: Voglio la fede. Ed è per questo che la Chiesa lo introduce nel
percorso in cui dovrà ascoltare la Parola di Dio e ricevere l’istruzione.
La fede è un dono
e, come dice San Paolo, viene dall’ascolto (della Parola di salvezza).
In realtà ciò
che provoca la fede è l’ascolto del Vangelo. L’ascolto dell’annunzio della
vita nuova, l’ascolto del racconto di Cristo, della sua Passione, morte e
resurrezione. L’ascolto dell’annuncio fondamentale cristiano e della sua
applicazione alla vita: l’ammaestramento, la didascalìa che ne segue.
Allora, da cosa viene la fede?
È un dono, che
nella via ordinaria si riceve per es. nella propria famiglia. Come? Attraverso
il dono della educazione cristiana, cosa a cui sono chiamati gravemente i
genitori.
Quando
presentano i bimbi per il battesimo (siccome non sono adulti s gli adulti
chiedono di essere formati per ricevere il battesimo e quindi seguirà un
percorso di due, tre anni per essere formati prima di ricevere il sacramento) ai
genitori vien chiesto: “Chiedendo il battesimo per i vostri figli voi vi
impegnate ad educarli perché dall’osservanza dei Comandamenti imparino ad amare
Dio e l’uomo come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa
responsabilità?” E viene chiestolo stesso anche ai padrini. Ovverosia la fede,
il modo più bello e ordinario di riceverla è nella propria famiglia. Ma si
riceve da qualcuno che ce ne parla. Che ci parla della fede, che ci annuncia il
Vangelo, in una forma o in un’altra, con i propri atti o con la parola. Una
persona può trovarsi a riscoprire la propria fede seminata magari attraverso il
Rosario di una nonna, seminata magari in un periodo difficile, in cui un padre,
un fratello, un parente hanno saputo dire una parola di fede, hanno manifestato
la forza e la serenità che viene dalla fede. Allora questo semina in un bambino
che cresce l’intuizione che c’è un Padre provvidente, e di cui ci si può fidare.
La fede
viene seminata, si riceve. La fede non ce la diamo da soli. Uno può
emozionarsi davanti alla bellezza, spaccarsi la testa, ragionare, alla fine la
fede la deve ricevere da un altro cristiano. Noi dobbiamo ricevere la fede da
chi già ce l’ha.
Ma
fondamentalmente è la Chiesa, in ogni cristiano che ci sta accanto, che ci
passa la sua fede.
La fede si riceve
Chi è in un
momento di crisi di fede, vada alle sorgenti della fede: l’ascolto della Parola
di Dio. Vada da chi gli predica la fede. E i sacerdoti che sono i primi
responsabili dell’annuncio della fede non debbono dimenticare mai questo loro
compito essenziale di proclamare, annunciare, esortare, gioire della propria
fede, e professarla pubblicamente. Dire quanto siamo contenti di avere la fede.
Un giorno durante una conferenza di un teologo, Bruno Forte, un ragazzo quasi
vantandosi del suo ateismo gli disse di non credere. E lui: “Guagliù, nun saj
chill’ ca t’ perd”.
Virtù
È anche una
virtù. Una volta ricevutala, sono chiamato a fare un atto di fede. Sono
chiamato a esercitare la fede, perché possa crescere in me e dare i suoi frutti
in me. Per cui non è più qualcun altro che lo racconta. Sono io che faccio
esperienza. La fede si incarna in me.
Questo
vuoldire che io ho bisogno di fare atti di fede, una volta che la fede è stata
seminata in me.
Questi atti di fede cosa sono?
La fede in
ebraico si dice emunà, dalla
radice verbale amàn. In sé
sostanzialmente vuoldire appoggiarsi
su qualcosa, cioè scaricare il proprio peso su qualcosa che mi dà
solidità. Avere fede vuoldire avere stabilità. È smettere di appoggiarsi
sui propri pensieri e sulle proprie forze per rimettersi alla potenza di Colui
in cui si crede. È smettere di appoggiarsi sul denaro, sull’apparenza, sul
potere, sulla mamma, sul consenso, e appoggiarsi su Colui che è la Roccia
eterna.
Fede nel mondo
ce n’è tantissima. Ma bisogna vedere in che.
C’è la fede in
Gesù Cristo, e nel Padre e nello Spirito Santo, e sulle opere che la Santissima
trinità porta avanti. E c’è la fede nella propria intelligenza. C’è la fede
nella stima altrui, per cui ci si appoggia in quello. C’è la fede nel denaro.
Veramente l’antidio è il denaro e il possesso. Dice il Signore Gesù: “Non si
possono servire due padroni. O si ama uno e si odia l’altro o viceversa”. Non
si può servire Dio e il denaro. Quanta fede abbiamo che se abbiamo il conto ben
consistente stiamo abbastanza sicuri.
La fede in Dio
è ben altra stabilità. Mi fido di Dio anche nel momento in cui non ho niente.
Un atto di
fede è un atto di fiducia in Dio, è spostare il baricentro del mio essere sulla
certezza che Dio mi vuole bene, sulla certezza che Dio è mio Padre, che Dio
provvede, che Dio si occupa di me.
Una cosa che
dobbiamo chiederci è: quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto un atto di
fede. Quand’è l’ultima volta che ci siamo fidati di Dio. L’ultima volta che
al di là della nostra ragione e dei nostri sentimenti, senza pretendere
miracoli, senza appoggiarci alle nostre capacità personali, ci siamo fidati di
Dio, obbedendogli, facendo secondo la sua Parola. In quel momento sperimentiamo
la vita che viene da Lui.
Per
sperimentare la fede dobbiamo obbedirgli, e uscire dalla nostra testa e dai
nostri sentimenti. Perché? Perché finchè stiamo nelle nostre cose restiamo dove
stiamo. Restiamo alla nostra piccola dimensione, alle nostre piccole sicurezze.
Appoggiarci in Dio ci darà la grandezza di Dio. Ci darà di andare oltre noi
stessi. Ci darà ben altra forza, ben altra soluzione alla realtà.
Dio conosce
strade che sono precluse alla nostra piccola intelligenza. Dio prevede
soluzioni che noi non sappiamo neanche lontanamente immaginare. Dio guarda le
cose da un’altra prospettiva, in cui molte cose sono relativizzate. La nostra
tendenza è invece a drammatizzare, ad assolutizzare l’istante. Questa tendenza
deve disfarsi di fronte alla fede.
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