5. La Professione di fede


Nel sacramento della Confermazione, c’è prima del conferimento del sacramento vero e proprio, la rinnovazione delle promesse battesimali, che constano della rinuncia al maligno e della professione di fede.
Ci concentriamo su questa seconda parte.
Prima di ricevere il sacramento della Confermazione, il candidato deve rispondere alla triplice domanda sulla professione di fede:

·         Credi in Dio Padre Onnipotente Creatore del cielo e della terra?
o       Credo.
·         Credi in Gesù Cristo suo Unico Figlio che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, risuscitò dai morti e siede alla destra del Padre?
o       Credo.
·         Credi nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita, e che oggi per mezzo del sacramento della Confermazione è in modo speciale a te (voi) conferito come già agli Apostoli nel giorno di Pentecoste?
o       Credo.
·         Credi nella Santa Chiesa Cattolica, la comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna?
o       Credo.

Si nota che differentemente dalle altre professioni di fede che vengono fatte, ad es. nella notte di Pasqua o in altri momenti, le domande sono quattro. Perché appunto c’è un ampliamento nella terza domanda, che sottolinea particolarmente il dono dello Spirito Santo.

Bisogna professare la fede, e in particolare la fede nello Spirito Santo, prima di riceverne il dono.
Anzitutto dobbiamo considerare che la fede va professata prima. Cioè, il sacramento della Confermazione alimenta sì la fede, ma deve trovare già la fede, professata, esercitata.

Infatti viene, dalla Chiesa latina, separata dal battesimo, per poter vivere questa professione di fede ben sottolineata.
Pastoralmente parlando molto spesso si è usato del sacramento della Confermazione per aiutare i giovani o gli adulti che ricevono questo sacramento a professare consapevolmente la fede.

Dobbiamo dunque capire cos’è questo atto: la professione di fede.

E innanzitutto che cos’è la fede.
Partiamo da alcuni i malintesi sulla fede. Quelli più diffusi. Perché sulla fede noi abbiamo delle idee piuttosto generiche, imprecise, talvolta confuse.

Per es. crediamo che la fede sia un sentimento. Che derivi per es. dalla realtà intorno a noi, la bellezza della natura, le meraviglie che per mezzo della scienza rinveniamo in ciò che esiste. O quell’esperienza di piccolezza, di limitatezza, che ci fa aprire a qualcosa di più grande.
Oppure l’esperienza dello straordinario, come può essere un miracolo.
Pensiamo della fede che sia una prerogativa del carattere, un’inclinazione collegata a un certo tipo di personalità, per cui uno è più introspettivo, più portato all’idea del mistero.

Questi e tanti altri, sono sì elementi che possiamo rinvenire all’interno della fede e dell’esperienza dell’uomo di fede, ma si differenziano molto dalla fede professata dai cristiani.
Il senso religioso presente nell’uomo è una buona cosa, ma la fede è qualcosa di più maturo e completo.
La fede è un dono che si riceve.

Dobbiamo un pochino vedere cosa la fede non è, per capire cosa la fede è.

Sentimento
La fede può essere scambiata con un sentimento. Non è che non lo sia, ma non è principalmente un sentimento, una sensazione.
I sentimenti e le sensazioni sono labili, fugaci. Le sensazioni sono occasionali, sono legate al corpo, vanno e vengono.
In questo caso la fede, se fosse soltanto un sentimento, dovrebbe essere esercitata solamente quando si ha questo senso di piacevolezza, questa mozione interiore, che tante volte, nel momento in cui si deve professare la fede, non si ha proprio.
E se bisogna professare la fede in una situazione di sgradevolezza? Quando si è nella scomodità e non nella piacevolezza o nella sensazione?
La fede può essere esercitata anche e molto efficacemente in situazioni di aridità, di stanchezza interiore, in cui non si sente nulla, in cui addirittura paradossalmente si potrebbe avvertire un’avversione interiore o ci si potrebbe sentire lontani da Dio e separati da Lui.
Possiamo essere chiamati a professare la fede anche quando la nostra corporeità e la nostra psiche non sono appagate.

La natura
Il sentimento religioso o l’animo addolcito può nascere anche per es. dal vedere la bellezza della natura, i prati in fiore, sentire il profumo della terra, essere avvinti dalla maestosità delle montagne, incantarsi davanti a un tramonto bellissimo.
Per cui sto tanto bene. Questo è benessere, non è la fede.
Questo è un sentimento estetico, ma non è la fede.
È una cosa molto bella. Può aiutare. Può essere un punto di partenza, per aprire l’animo, l’intelletto, il cuore alla contemplazione di Dio nelle sue cose.
Ma non è questo che fonderà un atto di fede, un atto di fiducia in Dio, un atto di fedeltà da parte nostra.

Razionalità
La fede non è un atto semplicemente razionale.
Premettendo che la fede è sicuramente un sentimento, premettiamo che la fede è anche ragione, deduzione, assenso dell’intelletto il quale riconosce la plausibilità della fede. Non c’è nessun contrasto tra fede e ragione.
Però la fede supera la ragione. Io posso essere chiamato a credere quando la mia ragione non mi sta aiutando, quando la mia ragione rifiuta i fatti, perché c’è un margine a volte non piccolo di irrazionalità nel reale o nel fatto di entrare liberamente in determinate cose.
Certe cose della realtà in cui mi trovo non sono sempre così facili da capire subito, forse assurde talvolta.
Ma ciò che non capisco non è per ciò stesso sbagliato. Se la fede coincidesse con ciò che io capisco, allora sarebbe molto piccola.

E oltretutto la fede mi serve per andare oltre la ragione.
Per vivere un rapporto di fedeltà matrimoniale fino in fondo, per vivere un rapporto di fedeltà a Cristo, per vivere un rapporto di fedeltà fraterna, molte volte la ragione bisogna saperla superare con la fede, che è una cosa un po’ più grande.

I contenuti
Noi crediamo che la fede sia una serie di contenuti, per es. i dogmi: verità a cui dobbiamo credere.
Per cui anche la professione di fede potrebbe essere vissuto un po’ a macchinetta: “Credi in Dio Padre Onnipotente Creatore del cielo e della terra? Credo. Credi in Gesù Cristo suo Unico Figlio … Credo”.
Credo. Credo. Tanto che male mi fa? Non mi aggiunge e non mi toglie niente. Ci credo. Non è dannoso.

Credere in delle verità rivelate è una delle conseguenze della vita di fede. Certamente appartiene alla fede un contenuto oggettivo, che deve essere preciso, che non può essere ambiguo, ma che è un punto d’arrivo dell’atto di fede, è una conseguenza della fede.

Il Miracolo
La fede non è un sentimento, la fede non è semplicemente ragione e si ovvia talvolta all’elemento di oscurità della fede, pensando che la fede sia vivere qualcosa di straordinario. Viver qualcosa di luminoso, di inaspettato: Il miracolo.
Gesù nei Vangeli chiede la fede prima di fare i miracoli. Perché la fede deve dare il giusto senso ai miracoli, che sono eventi (i miracoli quanto i non miracoli [l’ordinario]) che servono a crescere nella fede e ad arrivare alla fede vera e propria.
I miracoli sono un aspetto collaterale. Un miracolo, un evento straordinario può essere anche qualcosa di discutibile, perché per es. delimitato nell’intervento in favore di pochi o di uno solo, per cui io credo in quanto Dio cambia la mia situazione (o dei miei cari) , la aggiusta, la migliora.
Credere può significare sperimentare un miracolo, ma forse ancora di più vorrà significare fidarsi di Dio quando le cose restano come sono. Perché Gesù ha fatto tanti miracoli, ma non ha salvato il mondo con un miracolo, lui non è sceso dalla croce. Gli hanno chiesto di fare un miracolo: “Scendi dalla croce. Noi crederemo in te”. Questa è la fede nei miracoli. Cambiami la situazione e allora crederò.
Ma se ci fosse da credere in Dio, da fidarsi di Lui esattamente nella situazione in cui stiamo.

Altrimenti dobbiamo dire che solamente a quei pochi fortunati a cui succede un miracolo è riservata una fede vera. Invece tutti gli altri non possono avere fede.
Invece si può credere profondamente in Dio senza aver mai visto un miracolo. Invito a non disdegnare la fede nei miracoli, che la Chiesa professa, ma la cosa più urgente non è avere un miracolo, ma la capacità di vivere nel reale.

La fede non è un sentimento, non è un ragionamento, non è un’esperienza straordinaria.
La fede deve essere alla portata di chi forse non prova sentimenti così forti e forse con la ragione ha i suoi limiti, e forse non ha sperimentato nessun miracolo.
La fede deve essere possibile a tutti. Senò non è un dono donato all’uomo, ma solamente ad alcuni.

Caratteristica personale
Non può essere una caratteristica personale. Io sono predisposto a credere. Io ho ricevuto la fede e tu non l’hai ricevuta. Non è che uno ha il gene della fede e uno no.

La fede può darsi a qualunque uomo e a qualunque donna della terra.

Cos’è la fede?
La fede è una virtù teologale.

Virtù
Da una parte è una virtù, quindi un esercizio, un atto che deve essere compiuto e ripetuto dall’uomo.
La virtù si ha dalla ripetizione di un atto, per cui l’abitudine di un atto. Avere una virtù vuoldire essere inclini a fare qualcosa.
Teologale
È una virtù, però è teologale. Teologale vuoldire che viene da Dio.
E allora la fede è un dono (perché è teologale) che deve essere accolto ed esercitato (virtù).
Non mi posso dare la fede da solo, ma posso esercitare il dono della fede ricevuta.
Posso dunque chiedermi come ricevere il dono della fede. E quindi come esercitare la fede.

La fede è un dono che non è precluso a nessuno. In quanto dono vale per la forza del donatore, non per la qualità del ricevente.
È un dono, un regalo. Se dovessimo meritarcelo a priori non sarebbe un dono.
Il nostro merito è dopo. Dopo aver ricevuto la fede. Come esercitare e non sperperare questo talento che ci viene elargito.

Dove si riceve questo dono?
Nella Chiesa.
La Chiesa ha questo compito. E guai a lei se non esercita questo compito: donare la fede.
Se andiamo a vedere come un adulto può diventare cristiano, l’adulto che deve diventare cristiano deve intraprendere il percorso dei candidati adulti al battesimo, che si chiamano catecumeni: coloro che devono katà akùo (ascoltare la predicazione), coloro che devono ricevere il Vangelo.
Nell’Ordo dell’Iniziazione cristiana degli adulti il primo rito che segue all’evangelizzazione, e che si fa alla porta della chiesa consiste nella domanda: Cosa vuoi dalla Chiesa? E il candidato risponde: Voglio la fede. Ed è per questo che la Chiesa lo introduce nel percorso in cui dovrà ascoltare la Parola di Dio e ricevere l’istruzione.

La fede è un dono e, come dice San Paolo, viene dall’ascolto (della Parola di salvezza).
In realtà ciò che provoca la fede è l’ascolto del Vangelo. L’ascolto dell’annunzio della vita nuova, l’ascolto del racconto di Cristo, della sua Passione, morte e resurrezione. L’ascolto dell’annuncio fondamentale cristiano e della sua applicazione alla vita: l’ammaestramento, la didascalìa che ne segue.

Allora, da cosa viene la fede?
È un dono, che nella via ordinaria si riceve per es. nella propria famiglia. Come? Attraverso il dono della educazione cristiana, cosa a cui sono chiamati gravemente i genitori.
Quando presentano i bimbi per il battesimo (siccome non sono adulti s gli adulti chiedono di essere formati per ricevere il battesimo e quindi seguirà un percorso di due, tre anni per essere formati prima di ricevere il sacramento) ai genitori vien chiesto: “Chiedendo il battesimo per i vostri figli voi vi impegnate ad educarli perché dall’osservanza dei Comandamenti imparino ad amare Dio e l’uomo come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?” E viene chiestolo stesso anche ai padrini. Ovverosia la fede, il modo più bello e ordinario di riceverla è nella propria famiglia. Ma si riceve da qualcuno che ce ne parla. Che ci parla della fede, che ci annuncia il Vangelo, in una forma o in un’altra, con i propri atti o con la parola. Una persona può trovarsi a riscoprire la propria fede seminata magari attraverso il Rosario di una nonna, seminata magari in un periodo difficile, in cui un padre, un fratello, un parente hanno saputo dire una parola di fede, hanno manifestato la forza e la serenità che viene dalla fede. Allora questo semina in un bambino che cresce l’intuizione che c’è un Padre provvidente, e di cui ci si può fidare.

La fede viene seminata, si riceve. La fede non ce la diamo da soli. Uno può emozionarsi davanti alla bellezza, spaccarsi la testa, ragionare, alla fine la fede la deve ricevere da un altro cristiano. Noi dobbiamo ricevere la fede da chi già ce l’ha.
Ma fondamentalmente è la Chiesa, in ogni cristiano che ci sta accanto, che ci passa la sua fede.

La fede si riceve
Chi è in un momento di crisi di fede, vada alle sorgenti della fede: l’ascolto della Parola di Dio. Vada da chi gli predica la fede. E i sacerdoti che sono i primi responsabili dell’annuncio della fede non debbono dimenticare mai questo loro compito essenziale di proclamare, annunciare, esortare, gioire della propria fede, e professarla pubblicamente. Dire quanto siamo contenti di avere la fede. Un giorno durante una conferenza di un teologo, Bruno Forte, un ragazzo quasi vantandosi del suo ateismo gli disse di non credere. E lui: “Guagliù, nun saj chill’ ca t’ perd”.

Virtù
È anche una virtù. Una volta ricevutala, sono chiamato a fare un atto di fede. Sono chiamato a esercitare la fede, perché possa crescere in me e dare i suoi frutti in me. Per cui non è più qualcun altro che lo racconta. Sono io che faccio esperienza. La fede si incarna in me.

Questo vuoldire che io ho bisogno di fare atti di fede, una volta che la fede è stata seminata in me.

Questi atti di fede cosa sono?
La fede in ebraico si dice emunà, dalla radice verbale amàn. In sé sostanzialmente vuoldire appoggiarsi su qualcosa, cioè scaricare il proprio peso su qualcosa che mi dà solidità. Avere fede vuoldire avere stabilità. È smettere di appoggiarsi sui propri pensieri e sulle proprie forze per rimettersi alla potenza di Colui in cui si crede. È smettere di appoggiarsi sul denaro, sull’apparenza, sul potere, sulla mamma, sul consenso, e appoggiarsi su Colui che è la Roccia eterna.

Fede nel mondo ce n’è tantissima. Ma bisogna vedere in che.
C’è la fede in Gesù Cristo, e nel Padre e nello Spirito Santo, e sulle opere che la Santissima trinità porta avanti. E c’è la fede nella propria intelligenza. C’è la fede nella stima altrui, per cui ci si appoggia in quello. C’è la fede nel denaro. Veramente l’antidio è il denaro e il possesso. Dice il Signore Gesù: “Non si possono servire due padroni. O si ama uno e si odia l’altro o viceversa”. Non si può servire Dio e il denaro. Quanta fede abbiamo che se abbiamo il conto ben consistente stiamo abbastanza sicuri.
La fede in Dio è ben altra stabilità. Mi fido di Dio anche nel momento in cui non ho niente.

Un atto di fede è un atto di fiducia in Dio, è spostare il baricentro del mio essere sulla certezza che Dio mi vuole bene, sulla certezza che Dio è mio Padre, che Dio provvede, che Dio si occupa di me.

Una cosa che dobbiamo chiederci è: quand’è l’ultima volta che abbiamo fatto un atto di fede. Quand’è l’ultima volta che ci siamo fidati di Dio. L’ultima volta che al di là della nostra ragione e dei nostri sentimenti, senza pretendere miracoli, senza appoggiarci alle nostre capacità personali, ci siamo fidati di Dio, obbedendogli, facendo secondo la sua Parola. In quel momento sperimentiamo la vita che viene da Lui.

Per sperimentare la fede dobbiamo obbedirgli, e uscire dalla nostra testa e dai nostri sentimenti. Perché? Perché finchè stiamo nelle nostre cose restiamo dove stiamo. Restiamo alla nostra piccola dimensione, alle nostre piccole sicurezze. Appoggiarci in Dio ci darà la grandezza di Dio. Ci darà di andare oltre noi stessi. Ci darà ben altra forza, ben altra soluzione alla realtà.
Dio conosce strade che sono precluse alla nostra piccola intelligenza. Dio prevede soluzioni che noi non sappiamo neanche lontanamente immaginare. Dio guarda le cose da un’altra prospettiva, in cui molte cose sono relativizzate. La nostra tendenza è invece a drammatizzare, ad assolutizzare l’istante. Questa tendenza deve disfarsi di fronte alla fede.

Allora, per ricevere il dono dello Spirito Santo nella Confermazione, bisogna esercitarsi nella fede. Quella fede che bisogna aver ricevuto, quella gioia di sapere Dio nostro Padre, che bisogna 

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