Mentre il
vescovo segna con l’olio la fronte del cresimando dice:
“Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”
Ogni sacramento
ha una parte che è parola e una parte che è atto. Si fanno gesti accompagnati
da parole.
Qui l’atto è
l’unzione e le parole sono queste.
Sigillo dello Spirito Santo,
mentre si segna la fronte
Dobbiamo capire
cos’è un sigillo, perché lo Spirito Santo è collegato col sigillo e perché è un
dono.
Il cristiano è
una persona sigillata, segnata, che porta un segno.
Cosa vuoldire portare un
sigillo?
Sigillo
uno stemma, un
simbolo, una lettera, un’impronta, un segno di un motto o altri segni
distintivi.
Le cose
sigillate sono cose marcate da una chiusura, che se viene rotta indica la
violazione di una proprietà o di una zona, la violazione di accesso a un
oggetto, alla lettura di un testo, e cose di questo genere.
Si imprime su
plichi, su documenti, su lettere; serve ad autenticare o salvaguardarne
l’integrità.
Può essere una
chiusura ermetica (bottiglia s); non
volere o non poter parlare su un determinato argomento (avere le labbra s.); s.
sacramentale è l’obbligo e diritto del sacerdote di conservare il segreto
su ciò di cui è venuto a conoscenza in confessione; è un’impronta, un segno
inconfondibile che qualcuno ha lasciato in qualche sua opera (il s. della sua grandezza); è un segno
di autenticazione e di appartenenza (mettere
il proprio s. su qualcosa); il segno che l’autorità giudiziaria fa apporre
sugli accessi a locali o a edifici per impedirne la violazione; violazione dei s. è il reato commesso da
chi rompe i sigilli apposti dall’autorità giudiziaria.
Il significato
che in parte ci interessa è che il
sigillo sta a indicare la delimitazione di una zona, che non va violata, a
cui non hanno accesso i non addetti.
sfragi,j
(sigillo) è un termine onomatopeico.
È un marchio
posto sugli oggetti, e che resta, più o meno indelebilmente, cambiando
l’aspetto dell’oggetto stesso.
sfragi,j è come uno sfregare l’oggetto con qualcosa, per cui l’oggetto resta
segnato, la sua forma in qualche modo modificata.
È un segno che cambia un po’ l’aspetto
della cosa. sfragi,zw è sugellare, contrassegnare.
Normalmente
indica il diritto di proprietà.
“Il sigillo si diffuse molto presto, a partire dal III millennio a. C.,
principalmente in Mesopotamia, a proposito della quale Erodoto racconta che
ogni uomo, oltre al bastone, portava anche il suo sigillo.
Il sigillo ha un significato tipicamente giuridico: il proprietario
contrassegna le cose di sua proprietà, le sue bestie, i suoi schiavi, per
impedire che gli altri prendano quello che è suo”[1].
Il sigillo
serve a garantire il possesso, e a proteggere il diritto di proprietà e di
utilizzazione di un bene, per cui le cose non possono essere usate da altri o
destinate ad altro uso, diverso da quello voluto dal proprietario.
Nella scrittura
la prima volta che compare una realtà simile allo sfragi,j è con
Caino, il quale viene segnato sulla fronte (“il Signore mise su Caino un
shmei/on” LXX), affinché Dio, per mezzo di
quel segno, lo possa proteggere, affinché chiunque lo vede pensi “quest’uomo è
di Dio e non si può toccare”.
In questo senso
abbiamo il senso principale che si riferisce al sigillo ricevuto nella cresima.
Il sigillo
serve naturalmente anche ad altre cose: funge da certificazione. Chi ha
il sigillo può disporre delle cose che sono sotto sigillo.
Quando il
figliol prodigo torna dalla sua pazzia alla casa del Padre, il Padre gli
mette l’anello al dito.
Questo anello
al dito non è un ornamento di bellezza, l’anello aveva la funzione di portare
lo sfragi,j che indicava il possesso.
Con l’anello si rilasciava il marchio dei possessori, per cui il proprietario
dei beni aveva accesso presso quei beni conservati dai banchieri, era la
firma per la banca.
Chi ha il
sigillo può disporre delle cose che sono sotto sigillo.
Con questo
anello al dito, il figliol prodigo torna padrone dei beni del Padre. Ed era il
figlio minore. Al maggiore spettava una parte di eredità in più.
Maggiore non voleva entrare. “Dopo che questo tuo figlio ha
dilapidato tutto ..”. “Tutto quello che è mio è tuo”.
Allora, questo sfragi,j,
che ha la possibilità di imprimere o di mostrare l’impressione data, è
l’imprinting (questa è un’ottima traduzione nella lingua inglese), il
marchio, il segno, che caratterizza l’agire.
Questo senso ci riporta a un
altro termine greco: caraktèr,
da cui carattere, che è pure contenuto nella sostanza di ciò che viene
dato quando si riceve il sigillo dello Spirito Santo nella cresima.
Perché chiamiamo carattere
qualche cosa che fa riferimento a un modo di essere?
Ancora, abbiamo imparato a
usare il termine carattere a proposito del tipo di scrittura. Quando
scriviamo al computer scegliamo il carattere, la forma delle lettere, lo stile
(Times New Roman, Arial, etc.).
Perché si chiamano caratteri?
La stampa, inventata da
Gutenberg, è fatta per mezzo di lettere che imprimono con l’inchiostro dei
segni su un determinato supporto.
Sono di fatto dei timbri, tanti
piccoli timbri, che producono dei segni, simboli e lettere che combinati
insieme fanno venir fuori le parole.
Ricevere questo carattere
(corsivo, romanico, etc.) significa segnare una cosa, imprimergli un
carattere, porgli un sigillo.
Escludere
Sigillare vuoldire anche escludere.
Una cosa sigillata è una cosa
chiusa. Messogli quel marchio solamente il padrone ha il diritto di romperlo.
Sigillato è qualcosa che è riservato,
chiuso, nascosto. Indica che c’è un’inviolabilità oltre quel
limite. Il sigillo è un limite di fronte a cui bisogna fermarsi.
In sintesi
abbiamo parlato fino ad ora di impronta, carattere, marchio, segno, sigillo.
Tutto questo mondo sta nella realtà che viene data al cresimando mediante il
sacramento della Confermazione, nel momento del gesto sulla fronte, in cui il
vescovo dice: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo”.
Carattere noi lo riferiamo
al nostro modo di essere, al modo di manifestarci in quella che comunemente
chiamiamo personalità.
È interessante
perché vuoldire che lasciamo un marchio nelle cose.
Anche i nostri
modi di essere rilasciano i nostri imprinting, rilasciano i segni, proprio come
una macchina da scrivere imprime un carattere ben preciso quando piggi un
tasto.
Il nostro
essere non è fluido, non è liquido, è in realtà caratterizzato.
Noi abbiamo
delle personalità che manifestano degli imprinting, manifestano dei sigilli,
manifestano dei timbri che portiamo dentro.
Noi non siamo
l’essere umano generico. Tutte le persone di questo mondo emettono un
carattere, lasciano un segno, che è il loro segno unico, irripetibile,
specifico, riconoscibile.
Noi siamo
caratterizzati.
Carattere
indicava la realtà per cui un oggetto veniva modificato da uno sfragi,j, da un soffregamento; la sua superficie veniva incisa
o macchiata o qualcosa di questo genere. Si dà a una cosa una forma in maniera
indelebile.
Allora, il
nostro carattere è qualcosa che è stato segnato. Lorenz ha fatto studi
interessantissimi che attestano che noi siamo attraversati interiormente da
canali, da solchi che rimangono per sempre. Abbiamo antipatia per certe cose,
simpatia per altre, abbiamo modi di fare, modi di gestirci e di gestire la
realtà. Noi abbiamo un carattere.
La realtà è che
molte volte questi imprinting che noi portiamo sono inconsapevoli.
Il primo
sigillo che l’uomo porta è la paura della realtà, per cui l’uomo tende
ad avere paura della realtà.
La natura umana
porta questo sfragi,j naturale, questo marchio. Il
suo primo impatto con la vita è un impatto impaurito. La prima sensazione non
appena si nasce: la paura. Eravamo così al sicuro e ovattati, in un tale
riposo, in una dimensione onirica incantata, nuotavamo in un mondo dove tutto
era attutito e fluido in quella bella placenta della mamma, e un attimo dopo ci
siamo trovati scaraventati fuori.
La vita è
insicura. La minaccia della nostra vita condiziona i nostri atti molto più di
quanto possiamo pensare.
Tutti i nostri
atti sono condizionati in realtà dal problema di sopravvivere, dal tentativo di
garantirci tutto ciò che ci è necessario per vivere.
Noi abbiamo uno
sfragi,j, abbiamo un marchio, per cui
dobbiamo vivere condizionati dalla precarietà della nostra vita, molto più di
quanto possiamo pensare, molto più di quanto riusciamo ad avere coscienza.
I nostri atti
sono guidati da questo imprinting: una paura di essere abbandonati, una paura
di vederci mancare le nostre sicurezze che garantiscono il nostro essere.
Perché la nostra vita nasce fragile. La nostra vita nasce da uno strappo, da
una privazione, da un’uscita da una situazione sicura e beata a una di
insicurezza, dove dobbiamo attrezzarci e difenderci. Il modo con cui hai
costruito la tua personalità è il modo con cui ti sei difeso, il modo
con cui hai adottato la tua strategia di difesa nei confronti dell’incertezza e
della minaccia della vita.
Quando si
riceve l’imprinting? Nel momento della formazione, in cui si prende forma.
Si prende la
forma, si riceve un marchio, nella propria infanzia per es.
Noi portiamo i
segno della nostra infanzia. Sono indelebili. Sono visibili. Chi sa vedere vede
il bambino che c’è in te, la famiglia che c’è in te, il padre che c’è in te, la
madre che c’è in te. E anche la nonna, il nonno, le generazioni; le generazioni
sono stratificate in te.
E quando entro
in relazione con le mie profondità entro in relazione con tutto questo. Per
questo la gente ha tanta paura della solitudine e del silenzio, perché lì tutte
queste voci cominciano a gridare.
Il tuo
carattere è il tuo assetto di difesa.
Garantirci
l’affetto altrui. In qualche modo essere accettati. Ho visto i monaci più o
meno anziani di un monastero. Il loro modo di essere diceva la corsa di bambini
verso un adulto a chi è più bravo, volti affamati dell’affetto della mamma. E
il modo di porsi del loro educatore e della struttura educante, che favoriva
una corsa di tipo competitiva, di chi sta elemosinando considerazione, perché
dietro questa c’era l’affetto.
Garantirci i
beni che ci sono necessari.
Garantirci
tutto è qualcosa che condiziona il nostro modo di essere.
Garantirci
quello che ci preserva da ciò in cui siamo più deboli: cioè garantirci la
salvezza, la vita.
Il tuo essere
perfezionista è il tuo assetto di difesa, il tuo essere bonario è il tuo
assetto di difesa. Il tuo essere uno di successo è la tua strategia con cui hai
potuto ottenere una parvenza di affetto. Il tuo essere servizievole e premurosa
è la corsa che hai fatto sin da bambina perché i tuoi genitori si accorgessero
che esistevi anche tu.
Abbiamo dovuto
selezionare le strade che ci sono sembrate più opportune.
Chi è cresciuto
in una casa dove si parlava molto, dove chi parlava di più era il più bravo. O
dove chi sapeva di più era il più elogiato. O dove chi stava zitto e fermo era
il più educato.
Chi è cresciuto
chiudendosi nel mutismo, chi facendo il saputello, chi mostrando i muscoli; chi
è cresciuto sospettoso, chi è cresciuto esibizionista, chi si mette sempre al
centro e chi si occulta cercando di scomparire o cercando di essere cercato.
Dietro il
nostro carattere, dietro il nostro modo di essere c’è un grido d’aiuto, la
paura angosciata del nulla e di essere abbandonati, non voluti, il nostro
bisogno di essere amati.
Chi ti saprà
dare l’amore di cui hai veramente bisogno?
Chi ti darà
amore senza bisogno che te lo compri?
Quindi noi
tutti siamo marchiati dai nostri imprinting.
Noi portiamo un
sigillo.
Io arrivo al
sacramento della Confermazione portando il proprio marchio. È un uomo vecchio,
è un uomo naturale, che nasce dalla terra. Non è in sé e aprioristicamente
negativo. È semplicemente un uomo di terra. Un uomo la cui mortalità gli
si fa presente molto di più di quanto egli pensi. È un uomo il cui modo di
essere è condizionato dalle sue paure, dalle sue morti, dai suoi sigilli, dai
suoi imprinting, dai suoi segni.
Ora
possiamo guardare a questa frase:
“Ricevi il marchio
dello Spirito Santo”
Un altro
imprinting, un’altra sorgente del carattere, un altro formatore.
Un altro
carattere, un modo diverso di far scaturire il tuo essere, un modo nuovo,
donato, ricevuto, di essere te stesso.
Il nostro modo
di essere ha un’origine. I nostri modi di fare, di agire, di pensare, di
parlare, di reagire, di interpretare, sono collegabili a un’unità della
persona. Noi siamo molto più unificati di quanto si pensi. In noi le cose
procedono da un’unica fonte, nascono nel medesimo humus sotterraneo.
Quante volte
diciamo agli altri “Sei sempre lo stesso. Non cambi mai”. Lo possiamo dire
anche positivamente. Ma segnaliamo un’unità, una coerenza nella persona, una
logica che la guida, un copione che si ripete, la cui radice sta molto più a
fondo dei suoi atti, molto prima del suo pensiero, prima delle sue azioni e
reazioni, prima ancora degli atteggiamenti interiori. Sta giù giù.
Il che vuoldire
che noi dai nostri imprinting, dalle nostre metabolizzazioni infantili, abbiamo
sviluppato un modo di stare davanti alla nostra vita.
Lo Spirito
Santo può cambiare l’origine dei nostri atti.
Che marchio può dare? Che cosa
può mettere nel nostro essere?
E come cambia radicalmente il
nostro modo di essere?
San Paolo ad
es. cambia radicalmente personalità, pur restando lo stesso. Perché di fatto
l’imprinting è nuovo, c’è un’altra origine al suo essere.
Che origine
è?
Nella Scrittura
il termine sfragi,j
(o il verbo sfragi,zw)
viene spesso collegato al problema della verità: avere il sigillo della
verità. Una verità che di fatto entra e soppianta una menzogna.
La menzogna, di
cui prima abbiamo parlato in maniera indiretta, che è quella di credere alla
precarietà della nostra vita come unico dato reale, come l’unica realtà evidente.
La nostra vita
è minacciata, e noi dobbiamo procacciarci sicurezze.
Che la nostra
vita sia minacciata è vero. Ma non è l’unica verità. La verità più completa è
che noi siamo fragili, precari esseri nelle mani e sotto lo sguardo di un Dio che ci
ama.
La nostra vita
non è nel vuoto, nel freddo della solitudine.
Fondamentalmente
la verità di un uomo che apre il cuore al Vangelo, è L’AMORE DI DIO, che si fa
presente nella croce di Cristo.
Quando nel
fondo dell’essere si apre la stanza dei bottoni dell’essere umano, l’uomo che
ha qui come un tempio, come un santo dei santi interiore, dove risiede la
profonda intuizione di sé, quel grappolo di convinzioni sulla propria vita, che
vengono in un attimo spazzate via da una Notizia, la Notizia dell’amore di Dio,
la Notizia che la nostra vita è un disegno provvidenziale, la scoperta del
perdono incondizionato di Dio, la scoperta di non dover giustificare la propria
vita, perché c’è già chi la ama e la accoglie apriori. “Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui
non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv).
E poco più
avanti dice che chi viene dal cielo certifica che Dio è veritiero. Chi
riceve una parola celeste scopre la verità di Dio, cioè la sua fedeltà.
Scoprire la
fedeltà di Dio vuoldire essere sottratti a questo terrore di essere, a questa
paura di essere in una vita che ha tante paure e non si sa come può finire, e
bisogna garantirsi.
E allora,
quando il vescovo sta proclamando questa cosa che logicamente deve arrivare
sulla base di una catechesi e dell’evangelizzazione ricevuta e non a freddo,
non come semplicemente un rito che magicamente possa dare qualche cosa che deve
essere accettato liberamente prima del sacramento, da parte di chi lo riceve, o
purtroppo tante volte dopo attraverso un’educazione alla fede.
Comunque, il
vescovo sta proclamando la ricezione di un nuovo modo di vedere il mondo
intero, la realtà, se stessi, la propria storia, il proprio passato, il
presente, il futuro, tutto. Lo Spirito Santo come chiave di lettura di tutto.
Allora guardare
a se stessi? Con questo marchio; la certezza di essere amati e lo smettere di
aver paura di essere sbagliati. Cominciare a guardare a se stessi con
tenerezza, con affetto, con gli occhi del Padre.
Cosa questa che
prelude alla possibilità di guardare agli altri allo stesso modo, con fiducia,
al sapere che infondo ad ogni uomo c’è tanta luce, c’è la possibilità di
credere all’amore del Padre, c’è una chiamata a qualcosa di importante, ci sono
semi che aspettano di maturare, ci può essere la chiamata a una vita di grande
intimità con Dio, a una vita contemplativa, la chiamata a conoscere molto da
vicino l’amore di Dio, a farsene infiammare, e a infiammare a sua volta il
mondo con l’evangelizzazione, c’è chi potrebbe essere chiamato a diventare un
grande predicatore, un grande narratore dell’amore del Padre.
Infondo ad
ognuno di noi lo Spirito Santo viene a imprimere il suo marchio. C’è un marchio
in te. Il tuo marchio qual è? Cioè tu chi sei? Sei qualcosa di nuovo che devi
scoprire, che devi far vivere, sei qualcosa che deve germogliare, fiorire, dare
i suoi frutti, spandere fragranza, diffondere il buon profumo di Cristo.
Sei Qualcosa di
inaspettato a te stesso, che se lo scopri rimani confuso di gioia e di
gratitudine.
C’è qualcosa di
luminoso in te. Sei chiamato a divenire qualcosa di luminoso.
E così poter
guardare anche il nostro passato. Persino i fatti più terribili della nostra
vita nascondono una potenzialità.
L’essere
istruiti nel profondo del nostro essere dallo Spirito Santo vuol dire avere un
grido di figli: “Abbà, Padre” detto col labiale “Babbo”.
Questo è un
marchio che cambia radicalmente la visione della vita.
E il sigillo
dello Spirito Santo si riceve dall’esterno. Si riceve per mezzo dell’annunzio
della Parola di Dio, dell’annunzio dell’amore di Dio.
Non si può
pretendere che un uomo se lo autoproduca. No. Si riceve perché lo dona la
Chiesa. Lo dona Cristo attraverso la Chiesa.
E allora, il
sacramento della Confermazione celebra la possibilità di avere un essere
sigillato dalla fiducia in Dio, dal senso che l’amore e la tenerezza che è in
Dio per noi è immenso.
[1]
SCHIPPERS R., Sigillo, in Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo
Testamento, Dehoniane, Bologna 1986, 1751
Efesini 1:13-14 In Lui voi pure, dopo aver ascoltato la Parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avendo creduto in Lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati a lode della Sua gloria.
RispondiEliminaII Corinzi 1:21-22
Or Colui che con voi ci fortifica in Cristo, è Dio; egli ci ha pure segnati con il proprio sigillo ed ha messo la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori